Brighton Beach, Brooklyn, New York City.

 

La villa, costruita sulla spiaggia antistante Coney Island, era appartenuta al boss della malavita russa Andrei Kostantinovitch Gerasimov. Alla sua morte molti avrebbero scommesso che sarebbe rimasta disabitata a lungo, ma una dimora così lussuosa, e con quel panorama, era un peccato che rimanesse vuota; doveva essere stato questo il pensiero di Aleksandr Lukin quando ha staccato l’assegno per acquistarla.

Seduto assieme a lui, nell’elegante salotto, questa sera c’era un ospite illustre; si trattava del generale Nikolai Alexandrovich Zakharov, attualmente latitante ed entrato negli Stati Uniti grazie ai suoi contatti nella malavita, tra cui il Boss del defunto Gerasimov: Ivan Pushkin, detto Ivan il Terribile.

Zakharov aveva lasciato proprio quella villa non più tardi di un paio di giorni prima, appena in tempo per evitare di trovarsi coinvolto in uno scontro il cui esito aveva costretto il suo alleato a tornare precipitosamente in Russia mettendo in vendita la lussuosa dimora del suo defunto luogotenente.[1]

Il cambio di programma aveva costretto Zakharov a cambiare i suoi piani: invece di partire subito per una nuova destinazione, aveva dovuto accettare un invito da Lukin per quello stesso giorno.

I due erano stati compagni d’armi nell’esercito dell’ex Unione Sovietica, ma nel corso degli anni avevano preso strade differenti: il crollo della Rodina aveva arricchito Lukin, facendo di lui uno degli uomini più ricchi del suo paese, mentre Zakharov non aveva mai accettato che la sua patria non fosse più una superpotenza. Sprofondato nella comoda poltrona, il generale fumava un costoso sigaro, mentre il padrone di casa preparava i drink che a breve avrebbero consumato.

<Che cosa ti verso, Nikolai? Ho dell’ottimo Brandy>.

<Vodka>

<Ah, il solito tradizionalista. Dovresti essere aperto a sperimentare nuovi prodotti, ampliare i tuoi gusti...>

<Non serve. Qualcuno di noi deve pur continuare ad apprezzare ciò che di buono la propria terra produce.> disse Zakharov afferrando il bicchiere che Lukin gli porgeva.

<Ho avvertito la frecciata sai? Non molto elegante...>

<Sei diventato un capitalista, Alek, senza mezzi termini. E ti piace stringere affari con gli americani. Sei molto distante dal sogno di Stalin, e la cosa non mi suscita sentimenti empatici nei tuoi confronti>.

<Eppure oggi sei qui, a chiedermi aiuto. Buffa la vita, non ti pare?>

<No, non ci trovo nulla buffo. Le tue risorse possono essere utili per il progetto Remont. La prima fase era quasi riuscita, ma a causa dell’imprevisto tradimento di Stenkov e dell’intervento dello S.H.I.E.L.D. l’operazione è andata a monte.>[2]

<Stenkov... era un uomo brillante. Era davvero necessario ucciderlo? Poteva ancora esserci utile... avresti potuto punirlo in tanti altri modi, continuando comunque a usufruire del suo genio.>

<Ma stai scherzando? Era un traditore, e da che mondo e mondo i traditori vengono puniti con la morte. Se non passassi tanto tempo con gli americani te lo ricorderesti anche tu.>

<In ogni caso, Nikolai, al momento non posso aiutarti in alcun modo. Sto facendo numerosi affari qui in America e devo mantenere un profilo basso, non posso sostenere un latitante come te... specie dopo quanto è accaduto qui a  Brighton Beach.>

<Storie. La verità è che ti sei venduto, e a te della Rodina non interessa nulla!> gli disse Zakharov a muso duro, alzando la voce.

<Di certo non m’interessa cominciare una nuova guerra mondiale...> ribattè Lukin <Tu sei pazzo, Nikolai. Quello che hai fatto a Suhdek è stata una cosa folle, ancor più folle del piano di Stalyenko. Sono contento che ti abbiano fermato.>

<Mi dispiace di sentirti parlare in questo modo.> e non appena finì di dire così, le luci nel soggiorno si spensero e da fuori si udì un tonfo.

<Ma cosa...> Lukin sentì tirare il cane di una pistola, puntata contro la sua nuca. Era il Soldato d’Inverno che, senza emettere il minimo rumore, gli spuntò da dietro la poltrona.

<Per me sei alla stregua di Stenkov, Alek, e dunque condividerai la stessa sorte. I tuoi beni passeranno a me, e allora vedrai che il progetto Remont verrà realizzato in tutta la sua grandezza...>

Ma Aleksandr Lukin non aveva affatto l’aria di chi stava per venire ucciso. La sua espressione tradiva invece un’insolita sicurezza. Prese un breve respiro e poi disse:

< Lev Tolstoj 1828 – 1910>.

Il Soldato d’Inverno s’irrigidì. Abbassò il braccio ed assunse un’aria assente.

<Ma che diavolo...?>

<Ma davvero, Nikolai, credevi che ti concedessi un’arma pericolosa come il Soldato d’Inverno se ci fosse stata anche la pur minima possibilità che questa potesse venire utilizzata contro di me?>

<Una parola di sicurezza...> disse Zakharov, capendo quanto era avvenuto.

<Proprio così> gli rispose Lukin, facendo un sorriso diabolico e mettendosi in piedi accanto al Soldato d’Inverno gli disse <Generale Lukin, Aleksandr Vassilievich. Matricola 219715>.

Questi sembrò ridestarsi dallo stato di trance in cui era caduto.

<Comandi, Generale.>

<Soldato... il compagno Zakharov è stato riconosciuto colpevole di tradimento e di aver attentato alla mia vita.>

Appena udì queste parole, il Soldato d’Inverno gli puntò contro la pistola che impugnava.

<Che tu sia maledetto, Lukin. Possa la tua anima bruciare all’inferno... cosa stai aspettando?> disse gonfiando il petto con fierezza <FALLO!>

Lukin fece un cenno e il Soldato d’Inverno gli piantò due pallottole nel cuore.

<Ben fatto ragazzo mio, ben fatto. Ora vieni, abbiamo tanto tempo da recuperare...>

DOSSIER: SOLDATO D’INVERNO

(PARTE PRIMA)

 

RIUNIONE

 

di

Carlo Monni & Carmelo Mobilia

 

 

 

Aeroporto JFK. Il giorno dopo.

 

Per quanto ci si sforzi, è praticamente impossibile passare del tutto inosservati quando si è una bella e sensuale donna dalla chioma bionda e un fisico da pin up. Per molti si trattava una modella, arrivata negli States per un qualche servizio fotografico. Per altri era una donna d’affari, bella ed inarrivabile per chiunque, dato che per tutto il volo non aveva fatto un solo sorriso. Qualche appassionato dei film di James Bond, nel vedere un’algida e attraente bionda dall’accento dell’est, immaginò si trattasse di un’affascinante spia, come Daniela Bianchi in “Dalla Russia con amore”, per poi abbandonare il pensiero tacciandolo come fantasia infantile. Ma come dice quel vecchio detto “a pensar male si fa peccato ma molto spesso ci si azzecca” perché effettivamente Yelena Belova era realmente un agente segreto, ma non era venuta in America per carpire informazioni da condividere coi suoi capi in Russia. Tutt’altro: era qui su invito di quello che era (o meglio, era stato) forse il più grande eroe della nazione in cui ora si trovava, anche se questo lei non poteva saperlo.

<Tenente Belova?>

Era proprio lì, davanti a lei, ma stavolta indossava un comune completo blu scuro con camicia bianca e cravatta rossa, che portava con la stessa disinvoltura con cui indossava il costume che aveva quando l’aveva conosciuta. Perfino gli occhiali che indossava in quel momento e che facevano tanto insegnante (una sorta di mascheratura?) sembravano stargli benissimo.

<Capitano Rogers... è un piacere rivederla, disse lei stringendogli la mano.

<Chiamami Steve.> rispose lui con un franco sorriso <Grazie per essere venuta.>

<Figurati. Nick Fury mi ha detto che Zakharov è qui negli Stati Uniti e che cosa avete in mente. Voglio farne parte.>

<Sono felice di sentirtelo dire. Ho fatto io personalmente il tuo nome a Fury. Nel complesso, mi è piaciuto come ti sei comportata in Russia.>

<Nel... complesso?>

<Si. Questa squadra che sto mettendo su ha lo scopo di catturare l’obiettivo, non di eliminarlo. Questo punto non è in discussione. Mi è stato garantito che non farai storie, altrimenti, te lo dico subito, mi assicurerò che tu prenda il prossimo volo per Mosca.>

<Non avrai problemi, tranquillo. Piuttosto dimmi, chi altri c’è in squadra?>

<Li conoscerai presto. Ora andiamo.>

Salirono su una limousine dai vetri oscurati e Yelena commentò:

<Vi trattate bene qui in America. L’Acquario[3] non usa questi mezzi.>

<A Nick piace impressionare gli ospiti.>

<Quest’auto è silenziosa, sembra quasi di volare.>

Steve Rogers si limitò a rispondere con un sorriso.

 

 

Washington D.C. quasi contemporaneamente

 

Jack Monroe si stava godendo una giornata di libertà, una cosa che gli capitava di rado: nessuna missione più o meno segreta nei panni di Nomad, n qualità di agente del programma S.T.A.R.S.[4],  niente da fare al lavoro di copertura che gli avevano trovato e nessuna seduta con quella bella psichiatra affibbiatagli, Andrea Sterman. Ai suoi tempi gli psichiatri erano anziani e severi professori non stangone dalle gonne corte. Ma i suoi tempi erano finiti, non è vero?

Si chiese cosa fare: un giro per la capitale? Non  si sentiva molto in vena o magari un viaggio fino alla casa dove vive la piccola Bucky o Julia come l’hanno chiamata i suoi genitori adottivi? La Sterman ha detto che per il momento sarebbe meglio evitarlo, ma lui sta cominciando a stufarsi dei consigli di quella donna. Se non altro è la piccola è stata affidata ad una buona famiglia: il padre adottivo è nientemeno che il pronipote del vero Bucky, del primo, cioè. Anche lui è stato Bucky, una vita fa ed a volte gli era capitato di chiedersi se non fosse stato tutto un sogno, poi il pensiero dell’uomo sepolto ad Arlington bastava a riportarlo alla realtà.

Curioso, pensò, ma a quanto pare era finito davanti al Mausoleo di Lincoln, un posto speciale per gli uomini che erano stati Capitan America.

<Vuoi restare imbambolato tutto il tempo?>

La voce femminile lo scosse. Accanto a lui, appena scesa da una Porsche rossa, stava una giovane donna bionda dall’aria familiare. Ci pensò su, poi gli tornò in mente il suo nome:

<Sharon Carter, credevo fossi morta.>

<Mi avevano detto lo stesso di te.> replicò Sharon <A quanto pare, mentivano in entrambi i casi.>

<Come hai fatto a trovarmi?>

<Vuoi scherzare? Hai dimenticato per chi lavoro? Su, vieni con me: ho una proposta da farti per conto di un amico comune.>

<Quale amico comune?> chiese lui guardingo.

<Lo stesso con cui hai combinato pasticci a Montecarlo di recente e prima che tu lo chieda: si, so che è vivo anche lui.>

<Non posso dire di no  a Steve. Fammi strada, agente Carter.>

 

 

New York City, sede della Missione Permanente del Regno Unito all’O.N.U.

 

Non erano il molti a sapere che Sir Anthony Fergus-Blythe in apparenza Secondo Segretario  d’Ambasciata era anche un agente sotto copertura del MI6. Poco importa, perché entro 10 secondi Sir Anthony sarebbe morto. Un proiettile corazzato al teflon gli penetrò nel cranio. Il diplomatico inglese sembrò per un istante una marionetta rotta, poi cadde al suolo mentre una macchia di sangue si allargava dalla sua testa.

Chiunque gli avesse sparato, era scomparso senza lasciare alcuna traccia.

 

 

Washington D.C. La mattina seguente.

 

Trovarono il Senatore Frank Harris, membro Della Sottocommissione Affari Orientali della Commissione Esteri, morto nel suo letto. Poteva sembrare una morte naturale, finché non si accorsero che la sua trachea era stata schiacciata. Un omicidio, dunque, ma l’autore non aveva lasciato alcuna traccia del suo passaggio.

 

 

In una base segreta nel sottosuolo di New York City.

 

Dunque erano lì tutti e tre, seduti nella sala riunioni, come il primo giorno di scuola.

Jack Monroe (o “James Madison” come lo avevano ribatezzato quelli del programma S.T.A.R.S.) era seduto in mezzo a due avvenenti bionde, ma non si sentiva fortunato. Quelle due donne non erano due modelle di Victoria’s Secrets ma due qualificate spie internazionali; essere convocato assieme a loro significava occuparsi di faccende che avevano a che fare con la sicurezza internazionale , come minimo. Roba che scottava.

Sharon Carter invece si chiedeva chi fosse la russa convocata per quest’operazione. Aveva capito che si trattava di un lavoro per fedelissimi, gente di fiducia... si aspettava Dugan, la contessa De La Fontaine, magari qualche Vendicatore come Occhio di Falco e invece vedere la faccia di una totale sconosciuta in quella sala le dava una strana sensazione. Per quale motivo Steve l’aveva voluta in squadra?

Yelena Belova invece non si faceva tutte queste domande, probabilmente perché aveva qualche informazione in più sulla missione. Si aspettava la Romanova in squadra, e il motivo della sua assenza era l’unico dubbio che le attraversava la mente.

<Vi ringrazio per essere qui e scusateci per l’attesa.> arrivarono entrambi dalla porta alle loro spalle: Steve Rogers indossava la stessa uniforme blu con tanto di stella sul petto che aveva indossato in Russia, Fury invece, degli abiti civili coperti da un lungo soprabito; aveva appena spento uno dei suoi soliti sigari perché al suo passaggio aveva lasciato una nuvola di fumo, figlia dell’ultima boccata data.

<Come sapete vi abbiamo convocato qui per una missione della massima importanza. Si tratta di fermare un pericoloso assassino che sta operando all’interno del paese. È  agli ordini di quest’uomo, Nikolai Aleksandrovich Zakharov.> Sullo schermo apparve una foto d’archivio che ritraeva il generale ai tempi dell’Unione Sovietica.

<Zakharov è entrato clandestinamente negli States tramite i suoi contatti con la malavita russa. Non molto tempo fa in Siberia ha dato via ad un’operazione che per poco non ha scatenato un attacco nucleare. Io e l’agente Belova l’abbiamo fermato, ma lui e il suo agente ci sono sfuggiti.>

<A tal proposito, ho una domanda da fare Steve> intervenne Nomad <Perché lei fa parte della squadra? Voglio dire, se dobbiamo dare la caccia ad un criminale russo l’affidarci ad una sua connazionale non mi pare la mossa migliore... insomma:  quali sono le sue credenziali?>

Yelena lo guardò storto e imprecò in russo, sottovoce.

<La mia parola lo è Monroe. E vedi di fartela bastare> rispose Fury con un tono che non ammetteva repliche.

<L’agente Belova è più che qualificata e ha la mia totale fiducia. Inoltre ha un’ottima conoscenza del nemico.>

Nomad non ribattè, ma non s’era convinto.

Steve riprese a parlare:

<Il nostro bersaglio è quest’uomo, noto col nome di “Soldato d’Inverno”. In questo video che vedete è riuscito ad avere la meglio sul Guardiano d’Acciaio e sono le uniche immagini che abbiamo di lui. Si tratta di un sicario altamente qualificato, in attività fin dalla guerra fredda. Se vi state chiedendo come fa ad essere ancora così giovane, la risposta è “animazione sospesa”.> Steve continuava a parlare, illustrando gli omicidi commessi nel corso degli anni dal Soldato d’Inverno, ma Sharon si rese conto che non aveva accennato minimamente alla sua vera identità, al fatto che questi in realtà fosse il suo vecchio compagno d’armi Bucky Barnes. Per non turbare Jack, forse. Il poverino dopotutto aveva stravolto tutta la sua vita nel tentativo di prenderne il posto. Oppure perché non si fidava fino in fondo della Belova?

  in gamba non c’è che dire. Conosco alcune delle sue mosse. Ma come fate ad essere certi che si trovi ancora in America?> chiese ancora Jack.

<A causa di questi> disse Fury, e con un telecomando cambiò l’immagine sullo schermo alle sue spalle. Apparvero in rapida successione delle immagini chiaramente prese da scene di crimini.

<Un diplomatico britannico ed un importante senatore degli Stati Uniti.> spiegò Fury <Uccisi senza lasciare traccia. Ho avuto questo materiale dal mio contatto all’F.B.I.>

<E cosa le fa pensare che dietro a tutto questo ci sia questo Soldato d’Inverno, colonnello?> chiese Yelena.

<Perché sappiamo che non più tardi di tre giorni fa era negli Stati Uniti e precisamente a New York: lo hanno incontrato la Vedova Nera, Paladin e Occhio di Falco, ma è riuscito a sfuggirgli.  La Vedova ha mandato subito un’informativa allo S.H.I.E.L.D. ma sia lui che Zakharov sono scomparsi dalla circolazione da allora. Gli omicidi di cui vi ho informato portano, secondo i miei esperti, la sua firma.>

<Ha senso.> commentò Yelena <Fino a che non l’ho incontrato, credevo che il Soldato d’Inverno fosse solo una leggenda: di lui si diceva che fosse capace di arrivarti vicino, ucciderti e scomparire senza essere visto prima che tu esalassi l’ultimo respiro.>

<Vi raccontavano delle belle storie al centro di reclutamento per spie mi pare.> replicò Jack Monroe sogghignando sotto la maschera.

<Ti ho fatto qualcosa, forse?> ribattè, stizzita, la giovane russa.

Prima che Jack potesse dire qualcosa, Steve intervenne:

<Piantatela di beccarvi come bambini. Abbiamo un lavoro da fare: se il Soldato d’Inverno è ancora negli Stati Uniti presto colpirà di nuovo. Dobbiamo trovarlo prima che lo faccia… prenderlo vivo.>

<Perché noi?> chiese Nomad. Capisco la Vedova sostituta qui vicino, dopotutto è uno dei suoi, ma tu Steve? Perché quest’uomo è così importante per te da farti uscire dal tuo ritiro? Ha a che fare con quel Teschio Rosso fasullo che abbiamo combattuto insieme tempo fa?>

Steve Rogers tacque, meditando se non fosse il caso di dire davvero tutto quello che sapeva, poi scosse la testa e rispose:

<Non posso escluderlo.> e dopotutto era la verità.

<Se posso dire la mia… > intervenne la giovane Vedova Nera <… mi chiedevo perché assemblare questa strana squadra speciale. Non avete degli… specialisti allo S.H.I.E.L.D. per questo genere di cose?>

<Lo S.H.I.E.L.D. ha altro di cui occuparsi di questi tempi[5] ed io e Mr. Rogers abbiamo buoni motivi per tenere un basso profilo in questa faccenda e li saprete a tempo debito.> rispose Nick.

Dal’espressione di Yelena si capiva benissimo che non era soddisfatta della risposta , ma per il momento era pronta ad accettarla. Sul volto di Jack Monroe protetto dalla maschera non si poteva leggere niente e forse era un bene.

Per stemperare l’atmosfera Nick si rivolse ancora a Yelena:

-Tenente Belova, lei è forse imparentata con un certo  Andrei Belov che era capitano dell’Armata Rossa durante la… la Grande Guerra Patriottica?>[6]

Yelena si mostrò sorpresa, ma rispose:

<Era il mio bisnonno… ma questo lei già deve saperlo:  ha sicuramente letto un dossier molto dettagliato su di me.>

<Era solo per dirle che nel 1944 durante una missione degli Howling Commandos sul fronte russo, mi ha salvato la vita.  Non sarei qui se non fosse per lui, volevo che lo sapesse.>

<Io… grazie.>

<Bene.>  disse Sharon Carter <Ora che abbiamo fatto le presentazioni e ricordato i vecchi tempi, che ne dite di elaborare un piano d’azione?>

Tutti gli sguardi si volsero verso Steve Rogers il quale tacque per qualche istante, poi fece un lieve sorriso e quindi cominciò a parlare.

 

 

In un laboratorio segreto.

 

La dottoressa Emily Snyder era quel genere di scienziato che accendeva le fantasie maschili: gli uomini immaginavano  che sotto il camice bianco indossasse solo la lingerie, pronta a sciogliersi i capelli corvini e a togliersi gli occhiali.  Le voci maligne che giravano sul suo conto fin dall’università dicevano che avesse ottenuto le migliori offerte di lavoro sfruttando ben altre “doti” ma ciò non era vero. Emily Snyder era ancora più geniale di quanto fosse bella, ed era anche molto ambiziosa. Per questo non aveva esitato due volte ad accettare l’offerta di Aleksandr Lukin. Le attrezzature erano all’avanguardia e il lavoro al quale doveva dedicarsi, sostituendo il defunto Evgeny Stenkov, era a dir poco affascinante. Inoltre, le pagava un ottimo stipendio.

Il Soldato d’Inverno era seduto in quella che assomigliava ad una sofisticata poltrona da dentista, con elettrodi attaccati sulla fronte e sulle tempie, accanto a degli schermi che ne monitoravano l’attività cerebrale.

Lukin entrò in quel momento. Non indossava il suo solito abito d’alta sartoria, ma una tuta verde ed una maschera rossa  a forma di teschio, una mascheratura di cui Emily non era sicura di comprendere l’utilità, ma se andava ben a lui. Era accompagnato dal misterioso essere noto come Electro.[7]

 <Mia cara Emily, come procede il lavoro?>

<In modo eccezionale, Mr L... ehm signore. Ho alcune sorprendenti novità da esporle. Il soggetto ha risposto perfettamente al trattamento e ha condiviso tutte le informazioni in suo possesso su quanto è accaduto mentre eseguiva gli ordini di Zakharov.>

<E cosa è venuto fuori?> chiese, incuriosito.

<In Russia c’era un agente americano che ha collaborato con le autorità russe per fermare il piano di Zakharov. E non potete avere la più pallida idea di chi fosse...> attivò il registratore dove aveva registrato le memorie del suo paziente:

<E c’era un uomo con loro... non era russo , era americano... indossava un uniforme blu ornata con una stella sul petto. Era incredibilmente abile, il miglior combattente con il quale mi sia mai misurato. Non so se sarei riuscito a batterlo. Diceva continuamente di conoscermi, che avevamo combattuto contro i nazisti durante la grande guerra, e che eravamo caduti in una trappola di un certo Barone... non ricordo il nome.  Poi...> la dottoressa spense il registratore.

<Non c’è bisogno di andare avanti. Inutile dirvi di chi si tratta, vero?>

<L’originale Capitan America... vivo? Incredibile... è una notizia... stupefacente. Ora tutto comincia ad avere un senso... l’uomo in costume  con cui mi sono battuto in Germania e a Montecarlo... vuoi vedere che si trattava proprio di lui?>

<Non è tutto, signore> aggiunse Electro con la sua voce strana <C’è un’altra cosa che alla luce di quanto abbiamo appena scoperto, acquisisce di valore. L’uomo che lo accompagnava... le sue movenze, la sua voce, mi erano familiari. Le ho confrontate con quelle del mio database e coincidono al 90.4 % con quelle del Bucky degli anni 50, con cui ho avuto modo di battermi in più di un occasione, in passato.>

<Magnifico... magnifico!> esclamò Lukin, entusiasta.

<Perché è così contento? Io al suo posto sarei preoccupata...>

<Nyet Emily... affatto. Non capisci, mia cara? Col tuo talento e con le risorse che posso procurarti posso riservare lo stesso trattamento  anche al suo mentore e al suo successore> disse Lukin, indicando il corpo senza coscienza del Soldato d’Inverno <In modo da avere al mio servizio ben due supersoldati. Pensa all’ironia: potrei obbligare Capitan America ad indossare la maschera del Teschio Rosso e l’emblema con la falce e il martello...> e il volto di Lukin assunse l’espressione di un bambino dispettoso.

 

 

Poche ore più tardi, nel salotto della villa di Lukin a Brighton Beach

 

Lukin si alzò dalla sua confortevole poltrona  e si fece incontro al suo braccio destro Lev Iliych Kuriakin, detto Leon.

<Fatto tutto?> chiese.

<Tutto secondo i tuoi ordini Alek.> rispose quello <Tutti i tecnici del laboratorio sono stati condizionati per dimenticare ogni informazione potessere aver appreso dal Soldato d’Inverno sul misterioso. Steve che sarebbe il redivivo Capitan Originale e su Nomad. Tutti… a parte la Dottoressa Snyder.>

<Colgo una nota di disapprovazione nella tua voce, Leon? La dottoressa è affidabile… e poi avevamo bisogno di lei per il processo di condizionamento.>

<Non vorrei che ti fossi fatto guidare da considerazioni diverse, Alek. Anche se è una bella donna una come Zakharov l’avrebbe fatta uccidere senza esitazione, assieme a tutti coloro che potevano aver saputo, allo scopo di mantenere il segreto.>

<Zakharov era un barbaro, io ho ottenuto lo stesso risultato senza spargere sangue e mantenendo al nostro servizio del personale utile. Ora siamo in tre a conoscere quel segreto.>

<Già: io, te… e la Snyder.>

<Non ti va proprio giù eh, vecchio amico?  Sta tranquillo: è vero che è una bella donna e che mi piace averla attorno, ma abbiamo davvero bisogno di lei e se mai provasse a tradirci, saprei disporne senza pietà o rimorsi, credimi.>

Leon scosse la testa poco convinto, ma c’era poco da fare al riguardo: quando Alek si metteva in testa qualcosa non c’era mai verso di fargli cambiare idea.  Tanto valeva sperare per il meglio. Accettò il bicchiere di vodka che il suo amico gli porgeva e gli chiese:

<Quindi intendi andare avanti col piano?>

<Oh si, oh si.> rispose Lukin con aria soddisfatta <Si tratta di un’opportunità troppo bella per rinunciarci.>

<Altri ci hanno provato prima di te ed hanno fallito.>

<Non fare il disfattista, Leon. Sono consapevole dei rischi, ma cos’è la vita senza un po’ d’azzardo?>

 

 

Villa Carter, Virginia.

 

La casa è dov’è il cuore recita un vecchio detto e nel guardare le familiari mura della casa dov’è cresciuta, nel toccare gli oggetti che le ricordavano una splendida ma lontana infanzia, Sharon Carter si chiese per l’ennesima volta dove fosse finito il suo di cuore. Fino a non molto tempo fa lei stessa si sarebbe detta convinta di averlo rinchiuso in un forziere inespugnabile, poi nella sua vita era tornata una bambina, sua figlia, e di fronte a lei che giaceva prossima alla morte in un letto d’ospedale, il gelo che aveva nel cuore cominciò a sciogliersi. Sharon ricordava ancora le calde lacrime che le scorrevano nelle guance mentre le dicevano che sarebbe vissuta. C’era stato un tempo in cui aveva giurato a se stessa che non avrebbe pianto mai più, che nulla l’avrebbe mai ferita, che sarebbe stata dura come l’acciaio. Fu una strana sensazione scoprire che le lacrime, la capacità di provare dolore ed altri sentimenti non la rendevano più debole, ma più forte.

Lui l’ha sempre saputo, pensò rivolgendo lo sguardo all’uomo biondo che stava giocando con la piccola Shannon, lui non ha mai avuto paura di avere sentimenti. Di mostrarli, forse, almeno qualche volta.

Cosa provava per lui adesso? Cosa provava per Steve Rogers, l’originale Capitan America? Non era certa di saperlo adesso, ma sarebbe stato interessante scoprirlo.

Un cellulare suonò improvvisamente. Steve se lo portò all’orecchio ed ascoltò attentamente, poi si diresse verso Sharon.

<È ora di andare.> disse semplicemente.

 

 

 Rayburn House Offic e Building. Washington D.C.

 

Il Congressista  Andrew Bolt di New York lasciò il suo ufficio per recarsi alla seduta  della Sottocommissione Terrorismo , Non Proliferazione e Commercio. C’era una discussione importante oggi e come capogruppo di minoranza non poteva permettersi di perderla.

Muovendosi in fretta Bolt non faceva molta attenzione alla gente che, come al solito, affollava i corridoi, perlopiù lobbisti registrati in attesa di essere ricevuti da questo o quel Congressista.  Se avesse fatto più attenzione si sarebbe accorto del giovane che gli si stava facendo incontro, un giovanotto dai capelli ed occhi castani che procedeva tenendo la testa bassa, le spalle leggermente curve e le mani nelle tasche. O forse non ci avrebbe caso comunque : il giovanotto aveva una vera e propria abilità nel passare inosservato a tutti… a tutti, ma forse non al timido professore con gli occhiali ed il vestito blu che stava seduto lì vicino  leggendo l’ultimo numero di Now Magazine con aria apparentemente assorta.

Quando il giovane arrivò all’altezza di Bolt, lo sfiorò leggermente, mormorando un…

<Mi scusi.>

La sua mano destra scattò verso la spalla di Bolt, ma non arrivò mai a toccarla: un’altra mano gli bloccò il polso stringendolo in una morsa ferrea.

<Basta così, ragazzo.> disse una voce ferma e risoluta –Non ucciderai più nessuno.>

Il giovane si voltò di scatto, sul volto un’espressione sorpresa ed adirata al tempo stesso.

<Tu!> esclamò riconoscendo il volto dell’uomo davanti a lui.

<Si, io.> rispose Steve Rogers <E stavolta non ti lascerò andare Bucky.>

 

 

FINE PRIMA PARTE

 

 

NOTE DEGLI AUTORI

 

 

            Ed eccoci alla fine del primo numero di questa nuova serie dove leggerete le imprese di un particolare team guidato nientemeno che da Steve Rogers, l’originale Capitan America, che dopo essersi finto morto si era ritirato a vita privata lasciando il manto di Sentinella della Libertà a Jeff Mace, le cui avventure proseguono nella serie MIT Capitan America.

Ma vediamo un po’ di dare qualche spiegazione:

1)    Perché Vendicatori Segreti? Questo team insolito assemblato da Steve Rogers sarà in pratica la versione supereroistica della “Mission: Impossible Force” di cui alle omonime serie televisiva e cinematografica e sarà virata più su atmosfere da thriller che sulla classica azione supereoistica. La presenza di Steve Rogers il Super Soldato ci ha spinto ad usare un nome glorioso come Vendicatori, che sono Segreti, per l’appunto, perché ufficialmente non esistono. Se sapranno guadagnarsi il diritto ad usare il nome e quale sarà esattamente il loro status rispetto allo S.H.I.E.L.D. sarà spiegato più dettagliatamente nei prossimi episodi; in questo abbiamo preferito concentrarci sulla presentazione dello scenario, dei componenti del team e degli avversari, riservando quasi tutta l’azione al seguito della storia.

2)    In quest’episodio di apertura abbiamo visto Steve chiamare accanto a se un gruppo di alleati davvero insolito, esaminiamolo nei dettagli:

A)    Sharon Carter, l’agente 13, storica ragazza di Steve da quando lui si è risvegliato da decenni di animazione sospesa dal 1945 al mondo moderno. Sharon non è più, se mai lo è stata, la dolce ed ingenua ragazza che appariva essere agli inizi. Gli avvenimenti di una misteriosa missione in cui agì sotto copertura dopo essersi fatta credere morta l’hanno resa dura e cinica, un’armatura che si è incrinata solo quando nella sua vita è rientrata una figlia, Shannon, nata durante il suo periodo oscuro, e di cui nessuno sapeva l’esistenza fino alla morte della famiglia a cui era stata data in affidamento. Chi sia il padre di Shannon, Sharon non l’ha mai rivelato, ma i candidati sono obiettivamente pochi., -_ì

B)    Jack Monroe, Nomad, alias James Madison, alias Bucky III. Nato il 7 dicembre 1941, giorno dell’attacco proditorio dei giapponesi a Pearl Harbor, è cresciuto ammirando capitan America e Bucky. Aveva solo 12 anni quando assieme ad un uomo che lui conosceva solo come professor Steve Rogers, si iniettò il ritrovato siero del supersoldato. Assieme lui ed il presunto Rogers (in realtà un ammiratore di Cap così determinato a farne rivivere il mito da trasformarsi in lui anche nel viso, grazie ad operazioni di plastica facciale, ed assumerne il nome da “civile”) , combatterono, nei panni del Capitan America e del Bucky degli Anni ’50, criminali e spie prevalentemente comuniste. Purtroppo i componenti chimici del siero non stabilizzati dai misteriosi Raggi Vita portarono i due lentamente ad una forma di paranoia aggravata che gli faceva vedere nemici in chiunque non si conformasse anche solo in parte al cosiddetto “American Way of Life". Il Governo fu costretto a fermarli e li fece mettere in animazione sospesa sperando di trovare una cura. Dopo decenni furono risvegliati e si scontrarono con l’originale Cap e Falcon. Tralasciando per ora il destino di Steve Rogers II, veniamo a cosa accadde di Jack: finalmente curato ed ormai adolescente, ma comunque fuori dal suo tempo, Jack trovò posto a fianco del primo Cap nei panni di Nomad, ma finì col ricadere nelle sue ossessioni. Di nuovo fu messo in animazione sospesa e fu diffusa la voce della sua morte. Di nuovo risvegliato gli fu offerta l’opportunità di lavorare per il Governo con una nuova identità segreta. Lui accettò ed eccolo qui.

C)    Yelena Belova, la Chernaya Vdova (Vedova Nera in russo ed ora innanzi noi la chiameremo proprio così), ha avuto lo stesso addestramento di Natalia Alianovna Romanova (meglio nota in Occidente come Natasha Romanoff) e, visto che la stessa ha defezionato negli Stati Uniti, ama considerarsi l’unica autentica avente diritto al nome di Vedova Nera, cosa che non tutti sono disposti a concederle. Natasha la chiama, un po’ con scherno e sotto sotto anche con un po’ d’affetto, la Giovane Vedova Nera. Yelena, che è tenente dell’esercito russo è anche un agente del G.R.U., il servizio segreto militare russo. I suoi peggiori difetti: l’impulsività e la tendenza a perdere le staffe. I suoi pregi: è maledettamente in gamba, abile, letale ed è anche molto bella. Come Nick Fury sia riuscito a convincere i Russi a distaccarla presso lo S.H.I.E.L.D.  in questi tempi di tensioni politiche non è ancora dato sapere. Forse possiede foto compromettenti di Putin o Mevdevev, vi stupirebbe?

Altri membri si aggiungeranno in seguito e di loro parleremo a tempo debito.

3)    Chi è Aleksandr Lukin? In apparenza solo un oligarca, uno dei ricchi imprenditori russi sena scrupoli, con il gusto del lusso e del potere, ma in realtà è molto di più. Attualmente è l’unico dei congiurati del fantomatico Progetto Remont che sia riuscito a mantenere segreta la sua partecipazione. Il Progetto Remont era una cospirazione per restaurare l’Unione Sovietica di cui facevano parte alte cariche dell’apparato governativo russo (come il Colonnello Generale Yuri Stalyenko, ex vice capo del G.R.U., che ha tentato un colpo di stato riattivando un dimenticato progetto di supersoldati e tentando di rovesciare il governo in carica con la forza, tentativo fallito in The Others #23 ed il suo pari grado Nikolai Zakharov che ha addirittura tentato di scatenare una guerra termonucleare in Steve Rogers Super Soldier #3). Lukin è stato più furbo  e sottile ed è riuscito a creare un network di agenti molto speciali che dirige senza scoprirsi grazie ad un’identità segreta anch’essa molto speciale. Quale? Se non l’avete ancora capito, sappiate che ne riparleremo a tempo opportuno.

4)    Salutiamo il Generale in disgrazia Nikolai Aleksandrovich Zakharov. Introdotto in MIT in Steve Rogers Super Soldier ed ispirato,ma non esattamente identico, all’omonimo personaggio creato da Garth Ennis & Doug Brathwaite nella serie Punisher della linea MAX della Marvel. che pur essendo un gran figlio di buona donna sa uscire di scena con dignità. Ci mancherà: cattivi così non si trovano tanto facilmente.

5)    Chi è il Soldato d’Inverno? Nessun altro che James Buchanan Barnes. Si: proprio Bucky, il solo ed unico partner di Capitan America nei giorni bui della Seconda Guerra Mondiale. In Steve Rogers Super Soldier Steve ha scoperto che Bucky era stato salvato dai sovietici che gli avevano fatto il lavaggio del cervello, rendendolo un assassino senza scrupoli che tra una missione e l’altra veniva posto in animazione sospesa e per questo è invecchiato di pochi anni rispetto al 1945: Le circostanze del suo salvataggio e successivo indottrinamento non sono ancora note, ma verranno chiarite nel prosieguo della serie. Nel frattempo la determinazione di Steve a salvare la sua anima a dispetto di tutto e di tutti sarà il fulcro dei prossimi episodi. Non mancate.

6)    Nota finale di continuity. Il Generale Zakharov ed il Soldato d’Inverno appaiono qui dopo gli eventi di Marvel Knigths #49. Aleksandr Lukin è invece apparso, più o meno in questa sequenza, in Capitan America #45, Iron man #44 e Marvel Knights #49. Steve e Sharon arrivano diretti da Cap #45 e Nick Fury appare dopo Marvel Knights #49 e presumibilmente anche dopo Nick Fury #2.

Ed ora basta così o le note rischieranno di essere più lunghe dell’intero racconto. -_^

Nel prossimo episodio: Steve Rogers contro Bucky Barnes? Potete scommetterci, ma non solo questo. Non perdetevelo, ve ne pentireste.

 

 

Carlo & Carmelo



[1] Come descritto in Marvel Knights #49. Non credeteci sulla parola: leggetelo.

[2] Come narrato in Steve Rogers: Super Soldier #1/3. Leggete anche quelli

[3] Nomignolo della sede del G.R.U. il servizio segreto militare russo.

[4] Superhuman Tactical Advanced Response Squad, un programma governativo di agenti superumani.

[5] Per sapere quali, vi consiglio di leggere il nuovo episodio della rinata serie Nick Fury Agente dello S.H.I.E.L.D. di Andrea Garagiola.

[6] Così i sovietici chiamano la Seconda Guerra Mondiale.

[7] No, non il supercriminale nemico dell’Uomo Ragno, ma una specie di cyborg creato dal KGB per affrontare il Cap anni 50 in Captain America: Comics #78 (In Italia su Le Grandi Saghe: 70 Anni di Marvel).